Il racconto “Un nuovo giorno”  riprende la leggenda del ritrovamento della statua della Madonna del Lauro di Meta di Sorrento, il paese dove sono nata e cresciuta.

Già da diversi anni avevo in mente l’idea di romanzare questa antica storia, ma senza che arrivasse il momento giusto per concretizzarla.

Qualche giorno fa, invece, la leggenda della Madonna del Lauro sembrava finalmente pronta per essere raccontata in una nuova veste, ovvero dal punto di vista di Teresita, la pastorella sordomuta dalla nascita, che dinanzi alla sacra effigie della Vergine può finalmente sentire e parlare. 

Ho immaginato cosa possa aver provato questa donna nel vivere un evento così prodigioso e, pian piano, il personaggio di Teresita ha preso sempre più consistenza, fino a delineare l’intera vicenda dalla sua prospettiva. Ne è nata una breve narrazione, che ho intitolato “Un nuovo giorno” e che riporto qui, nella sezione Racconti del mio blog, insieme a un breve video realizzato con la preziosa collaborazione di Mariella Nica. 

Un sentito ringraziamento al parroco della Basilica di Santa Maria del Lauro, Don Francesco, per la condivisione di foto e video e per l’accoglienza di quest’iniziativa negli spazi della chiesa.  

Buona lettura e buona visione!

M. C.

UN NUOVO GIORNO  – racconto

Ogni mattina Teresita s’incanta a contemplare la bellezza dell’aurora e delle sue mille sfumature. 

Starebbe ore e ore a fissare l’orizzonte avvolto nelle prime luci del giorno, quando l’oscurità del cielo si fa pian piano da parte e i riflessi ambrati imperlano la foschia del mattino.

Ah, se potesse ascoltare i suoni della natura o raccontare con le parole quel che prova dinanzi allo spettacolo dell’aurora!  

Ma non può. 

Può soltanto guardare.    

Del resto, non va spiegata a parole l’aurora. Bisogna soltanto ammirarla e lasciarsi attraversare dalle iridescenze dorate dei primi raggi di sole. 

Teresita socchiude gli occhi, infastiditi dall’intensità della luce. Sposta le fronde di foglie che le ostacolano il cammino e avanza con lentezza, tenendo ben salda la corda a cui è legata la sua mucca, compagna affezionata di lunghe passeggiate mattutine. Guai a perderla di vista: vivace com’è, ci metterebbe poco ad allontanarsi e sarebbe un’impresa riuscire a trovarla senza poter percepire il suono del suo campanaccio.

Sono diversi anni ormai che ha il compito di portarla a pascolare tra i sentieri alberati di Meta, il suo paese. Non riuscirebbe a immaginare le sue giornate senza questa che è diventata una felice abitudine, una sorta di rituale, ma soprattutto un modo per sentirsi utile nonostante i suoi limiti.  

No, non potrebbe proprio fare a meno di questo compito che le consente di vagare ogni mattina tra gli ameni scenari della sua terra, la Terra delle Sirene, abbracciata dalle propaggini dei monti Lattari e affacciata sul mare azzurro del golfo partenopeo.  

Questa mattina, poi, la vista sul panorama è particolarmente nitida e ogni cosa si staglia dinanzi a lei con grande chiarezza. L’aria è tersa, tutto sembra cristallizzarsi in un’inedita sospensione temporale, accarezzata dalle prime frescure settembrine.

La donna, un po’ avanti negli anni, avvolge a sé la mantella e si annoda un fazzoletto alla testa. Quindi, si accomoda su una roccia appiattita e, mentre la mucca bruca con avidità l’erba, lei consuma il suo pasto frugale: una mela accompagnata da un tozzo di pane. Dovrà farselo bastare fino a sera, i tempi son duri e il cibo scarseggia.

Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente, le terre sorrentine erano state mira di incursioni longobarde e bizantine. Scorribande e razzie non avevano reso la vita facile e anche adesso che tutti  i paesi della costiera si sono costituiti in Ducato, molte famiglie riversano ancora in condizioni difficili.

Teresita mangia piano, con una lentezza indicibile, con un fare composto e regale, seduta su quella roccia come se stesse assisa su un trono. 

I suoi occhi sono tutti per il suo bell’esemplare di bovino, alle prese con il racimolare quanta più erba possibile. 

Vorrebbe poter consigliare alla sua vacca di gustare il cibo con più calma, di non affannarsi a trangugiare tutto con rapidità. E invece non può far altro che guardarla strappare velocemente i fili d’erba, per poi ingoiarli con ingordigia, mentre agita la lunga coda e inarca di tanto in tanto la testa all’indietro. Il suo manto, oggi, è di un castano più intenso e lucente, mentre i suoi occhi, neri come la pece, vibrano di una nuova espressività. 

Teresita la osserva con aria benevola e per un istante ha l’impressione che il suo sguardo sia ricambiato. In fondo, non servono le parole per comprendersi e volersi bene. Basta guardarsi e far parlare il cuore. 

La donna distende il volto in uno dei suoi larghi sorrisi: nonostante tutto, bisogna sempre provare a esser grati. E lei, mansueta e docile com’è, sa essere grata per i paesaggi che ha attorno, per la natura rigogliosa che la circonda, per il mare azzurro, per il sole che splende in cielo. Fa un lungo respiro e si sente in pace con il mondo. 

Si porta una mano alla testa per sistemare le indocili ciocche di capelli, quindi si alza, scuote le briciole di pane dalla veste e si avvicina alla sua mucca per accarezzarla con affetto. 

Aspetta con pazienza che finisca di pascolare, la osserva mentre si adagia sul prato incolto, intenta prima alla ruminazione e poi alla masticazione del suo lauto pasto.

Il tempo passa veloce, il sole è già alto in cielo, il nuovo giorno incalza in tutto il suo splendore. 

Teresita socchiude ancora una volta gli occhi, disturbati dall’accecante e insolita luminosità di questa fresca mattina autunnale. Tiene a stretta sorveglianza la sua mucca, che appare particolarmente agitata. Scalpita con fare smanioso e così facendo le comunica un’improvvisa inquietudine. 

Teresita non si perde d’animo, forza la presa della corda e al tempo stesso la accarezza per calmarla. Cerca di riportarla alla via di casa, ma anche lei avverte un’inspiegabile frenesia. Esita e si guarda intorno con fare incerto, finché la sua attenzione è attirata da un forte bagliore di luce. 

Incuriosita, si avvicina con cautela a quel richiamo luminoso. Proviene dai pressi della chiesetta del San Salvatore  dove un tempo sorgeva un antico tempio dedicato a una divinità pagana. 

Teresita volge lo sguardo verso il grande albero di lauro poco distante dalla chiesa.

Quante volte si era seduta ai piedi di quell’albero dalla folta chioma poggiando la schiena sul suo solido tronco… Ma mai lo aveva visto intinto da una luce così forte. 

Man mano che si fa avanti, prova un senso di tranquillità e anche la sua fidata compagna dal manto castano pare acquietarsi. 

Quando è a un passo dalle folte fronde del Lauro, si ritrova dinanzi a una fiamma ardente che illumina una statua lignea raffigurante una Madonna con Bambino. 

Teresita sgrana gli occhi, incredula. Il fuoco arde a pochi metri da lei, fino ad avvolgere di un’intensa aura dorata il simulacro della Vergine. 

Ai suoi piedi, immersi nella vegetazione, si scorgono una chioccia e dodici pulcini d’oro.

L’anziana pastorella sorride: l’immagine della chioccia le comunica un senso di protezione. 

Tutto intorno a lei sembra animarsi di un nuovo significato, ogni cosa pare prendere vita e pulsare all’unisono in una visione armonica e festosa. 

Teresita avverte un senso di pace mai provato prima, s’inginocchia, fa il segno della croce e contempla la statua che ha dinanzi.

La Madonna appare in tutta la sua regale monumentalità; le sue grandi mani reggono da una parte il Bambino, dall’altra una melagrana. Le fattezze spigolose del legno sono addolcite dal taglio obliquo degli occhi, occhi benevoli e vibranti di luce.

Teresita si sente attraversare da quella Intensa luce scintillante e d’un tratto inizia a percepire, per la prima volta in tutta la sua vita, dei suoni. Sono deboli, fiochi, ma a poco alla volta diventano sempre più chiari e squillanti. 

Il cinguettio degli uccelli, il fruscio delle foglie di lauro accarezzate dal vento, persino il calpestio dei suoi piedi sul terriccio… E poi il muggito fiero della sua mucca, che quasi la fa sobbalzare.

“Mi hai spaventata!” esclama, e con grande stupore scopre di essere anche in grado di parlare. Lei, che non aveva mai udito parola in vita sua, adesso, inondata dalla luce divina, può dialogare e pronunciare vocaboli mai conosciuti, di cui avverte tutto il significato. 

É un prodigio, un meraviglioso prodigio.  

La donna si lascia prendere dall’immensa euforia del momento e, prima di precipitarsi tra le strade del paese a diffondere l’accaduto, guarda ancora il volto di Maria. Un brivido le percorre la schiena e avverte una gran gioia, mai provata prima. 

Le campane della chiesetta del Salvatore iniziano quindi a suonare a festa, da sole.

Teresita alza lo sguardo in su: il sole splende alto nel cielo azzurro di Meta. Oggi ha portato con sé un nuovo giorno, un giorno di luce e di speranza. 

 

LA LEGGENDA E IL CULTO DELLA MADONNA DEL LAURO

La leggenda legata al culto metese della Madonna del Lauro è ambientata nell’VIII secolo ed è stata tramandata negli anni, fino ad arrivare ai nostri tempi.

La storia narra di un’anziana sordomuta di nome Teresita, di quando in una fresca mattina di settembre porta la sua mucca a pascolare tra le alture di Meta e s’imbatte in un’intensa fiamma che arde senza mai consumarsi. Tra i bagliori luminosi, accanto a un rigoglioso albero di Lauro, scopre una statua lignea di una Madonna con Bambino, circondata da una chioccia d’oro con dodici pulcini, simbolo di protezione e di rinascita.

A quella visione Teresita, sordomuta dalla nascita, all’improvviso si ritrova capace di sentire e di parlare.

Incredula, corre ad avvisare i suoi compaesani, mentre le campane della vicina chiesetta del Salvatore iniziano a suonare da sole e in breve si grida al miracolo.

Appresa la notizia, il vescovo di Sorrento dispone che la statua venga portata con solenne processione nella Cattedrale della sua città, per conferirle degna collocazione.

Tuttavia, il giorno dopo il trasferimento a Sorrento, la preziosa effigie viene ritrovata di nuovo a Meta, nello stesso luogo, accanto all’albero di Lauro. L’episodio si ripete per altre due volte, fino a comprendere che la Madonna del Lauro vuole restare a Meta.

Il simulacro trova dunque custodia nei pressi del luogo del ritrovamento, nella chiesa dedicata al Santo Salvatore.

Nel 1206 l’edificio viene intitolato alla Madonna del Lauro, mentre nel XVI secolo, dopo il devastante saccheggio subìto a opera dei Turchi, ne viene ordinata la demolizione per far posto a una chiesa più ampia e sontuosa, che deve il suo aspetto odierno ai restauri e agli interventi promossi nel Settecento. Sempre a questo secolo, precisamente all’anno 1748, risalgono le due corone d’oro realizzate per la sacra statua della Madonna con Bambino. 

Nel 1913, grazie al suo valore storico e artistico, la chiesa metese riceve il riconoscimento di importante sede monumentale e l’anno successivo è elevata a Basilica pontificia.

Oggi, come allora, la statua della Madonna del Lauro risplende nell’altare della sua cappella, a coronamento della navata destra della Basilica. Il suo fervido culto cresciuto nei secoli si può ripercorrere attraverso la preziosa testimonianza dei tesori e degli ex-voto esposti nella chiesa, ma anche tra le vie e i quartieri del paese, con icone e dipinti accompagnati da ramoscelli di lauro,  simbolo della grande dedizione popolare verso la protettrice di Meta e della Penisola Sorrentina.

Per approfondimenti sulla descrizione della statua, rimando alla scheda finale di un mio articolo sull’arte bizantina).

La Madonna in processione alla marina di Meta, settembre 2025 (Rusma photo)