Il girasole è il fiore dell’allegria, della solarità, del buonumore.

Il girasole è il tuo fiore, cara Angie.

Amavi circondartene: lo sfoggiavi in versione orecchino e ti mettevi in posa reggendone un altro accanto al tuo volto sorridente.

Anche questa mattina, nella chiesa di Santa Lucia, ne eri circondata.

Le sue vivaci tinte gialle erano lì a ricordarci tutta la tua prorompente vitalità.

Difficile non lasciarsi coinvolgere dall’energia del tuo sorriso.

Eri un fiume in piena.

Straripavi di positività, inondavi tutti noi con la tua esilarante verve comica, con quella sagace autoironia, che regalava colore alla banalità più grigia.

Hai scelto tu di essere così.

Hai dimostrato che se vogliamo, possiamo essere più gioiosi e pensare di meno a quello che non va.

Anche tu ne avevi di cose che non andavano.

A volte le lasciavi trasparire  in quella fantasmagorica realtà sociale del web, di cui eri gran padrona, quando ti capitava di scrivere  un post un po’ malinconico, ma sempre stemperato da una sottile trama umoristica.

Altre volte, in una chiacchiera, tra una parola e l’altra, ti scappava un: “E che ‘vvuo ‘fa!”.

Ma era soltanto un attimo. Perché subito dopo c’era un gran sorriso che scacciava i brutti pensieri e le difficoltà; c’era una delle tue battute e si continuava ad andare avanti.

Il girasole è il tuo fiore, Angie.

Si gira verso la luminosità del sole. Si muove, si dà da fare per inseguire quel che vuole.

Angie, tu inseguendo la luminosità della vita, ce ne hai insegnato il valore.

Vita intesa come dono, possibilità, bellezza.

Vita che merita di essere vissuta fino in fondo, aggrappandoci a tutto quel che di positivo ci può dare.

Vita da vivere con caparbietà, perché non è sempre facile sorridere e sorvolare.

Tu, però, hai scelto di farlo. Ti sei dedicata con entusiasmo a una molteplicità di interessi e iniziative.

Poi un bel giorno hai deciso di chiamarti Angie.

Darsi un nuovo nome è un po’ come rinascere, reinventarsi per percorrere al meglio il cammino.

E, passo dopo passo, di strada ne hai fatta tanta.

Non te ne sarai resa conto appieno, a volte ti lasciavi impigliare anche tu negli odierni schemi mentali che elargiscono onori e meriti vincolati soltanto al dio denaro e al business.

Tu sei andata oltre. Hai costruito un personaggio originale e beffardo, ironico e provocatorio.

Un personaggio che ha saputo svecchiare la chiusura culturale e la ristrettezza mentale che spesso infesta il nostro territorio.

Hai aperto le menti di tanti con i tuoi interessi letterari e con la tua stravagante vena umoristica.

Il girasole è il tuo fiore, cara Angie.

E’ ben radicato, ma con i suoi grandi petali gialli si apre al mondo.

Tu sei sempre rimasta saldamente ancorata a tutti gli usi e i costumi della tua terra. Dalle tradizioni della Settimana Santa ai piatti tipici locali.

Ma ti sei anche affacciata fuori, cogliendo altrove  fecondi impulsi intellettuali, che poi avevi sempre premura di portare qui, per contribuire a dare più vitalità al nostro panorama culturale.

Ma non è tutto qui. Hai anche conquistato affetto e stima, hai saputo farti volere bene da tanti. Perché dietro quella maschera di allegria, c’erano  tutte le tue fragilità e la tua dolcezza.

C’era la genuinità di una persona vera, che qualche volta non esitava a scostare quel travestimento gaudioso per mostrare la rabbia, la paura, la stanchezza.

E poi via, si sorrideva di nuovo.

Tu non lo sai, e non avertelo detto resterà un mio rammarico, ma il tuo esempio è stato fondamentale per me.

Ci conosciamo da una vita, sei la cugina di una mia amica d’infanzia, ma è negli ultimi tre anni che ho avuto modo di conoscerti meglio: mi hai invitata a far parte della tua associazione culturale contagiandomi con la tua allegria, con il tuo saperti entusiasmare ai tanti progetti e alle idee che ci balenavano in mente.

“Mariaelena superstar!”, mi dicevi.

No, Angie. La superstar eri tu: un ciclone, una vera forza della natura.

 

Mi hai coinvolta in tante iniziative, dall’esperienza redazionale con Corso Italia News al corso di Scrittura Creativa con Giovanni Leone.

“Nun t’intussica’, nun ne’val a’pena!”

… mi dicevi, quando mi sentivi borbottare contro tutto e tutti.

E in quel momento, anche se magari qualcosa andava storto, riuscivi a strapparmi un sorriso.

“Devo riuscire ad appassionarti alla cucina!”, mi punzecchiavi quando mi presentavo agli eventi con vassoi di cibo comprato, mentre tu eri stata un pomeriggio intero a impastare e infornare pizze rustiche.

“Non ci riuscirai”, ti schernivo io.

Adesso mi ritrovo a sfogliare le pagine del libro “Napoli in cento parole”, pagine zeppe dalle tue ricette.

Guardo la  dedica che mi hai scritto in prima pagina.

Va bene, hai vinto.

Ci proverò. Seguirò il tuo esempio anche nell’arte culinaria e vincerò la pigrizia per cimentarmi con più impegno ai fornelli.

Intanto, già da un bel po’ di tempo ho seguito il tuo esempio nell’arte del sorridere di più alla vita.

Il girasole è il tuo fiore, Angie.

Vien da rallegrarsi solo a guardarlo.

Hanno scritto in tanti di te in questi giorni. I social sono invasi di tue foto, post, dediche, articoli.

Io, invece, finora non riuscivo a scriverti nulla.

E anche adesso, farti questo saluto, non mi risulta facile.

Sai perché?

Perché sei stata un motore trainante per tanti e quindi accettare questo epilogo improvviso, seppur preannunciato, non mi riesce.

Mi torna alla mente il tuo volto, in quel tardo pomeriggio di inizio maggio, quando sono venuta a trovarti in ospedale, a Sorrento.

Avevi lo sguardo perso nel vuoto, eri stanca, volevi tornartene a casa.

Eppure sorridevi.

I tuoi occhi sembravano quelli di una bambina curiosa, desiderosa di capire cosa stesse succedendo.

Una bimba curiosa, spaventata, ma sorridente.

“Ho paura …”

… avevi scritto così, in un post, quando un po’ di tempo fa eri approdata a Roma, per sottoporti a un intervento con cui ha avuto inizio questo tuo lungo calvario.

Con te c’era Mariolina, la tua grande amica che ci ha resi partecipi di un lungo tempo fatto di silenzi, speranze, rassegnazioni e, adesso, incredulità.

“Giorno 1 di non so quanti…”, scriveva Mariolina 18 giorni fa, condividendo sul suo profilo social tutte le emozioni e i pensieri del suo starti vicina fino alla fine.

Il giorno 16 si concludeva così:

“Dormi Nennella mia, fino a che vene juorno. Si vene o’mammone, chiudimm a’ porta”.

Alla fine, ieri “o’ mammone” ha aperto quella porta e ti ha portata via.

Eppure, questa mattina in chiesa, mi sembrava di vederti. Sorridevi e facevi capolino tra tutte le persone accorse per darti un ultimo saluto.

Quando alla fine ti abbiamo applaudita, sentivo anche riecheggiare la tua voce squillante.

Sei stata così viva, che non si può tutto ad un tratto pensare tu non ci sia più.

Sei stata così presente, che non ci si può abituare alla tua assenza.

Addio, Angie, e grazie per tutti i valori positivi che con umiltà e giocosità sei riuscita a trasmetterci.

Continuerai a vivere (e sorridere) nei nostri ricordi.

Mariaelena Castellano