Io e mia figlia Elleni adoriamo andare in giro per i negozi.

Il mio secondogenito Nené, però, non è dello stesso parere, nonostante gli tocchi spesso seguirci in lunghe spedizioni di shopping.

Così, oggi ne ha combinata una delle sue.

Eravamo in un bel negozietto di bijoux, tra una miriade di variopinti orecchini, braccialetti e collanine: l’imbarazzo della scelta.

Mentre ci guardavamo attorno, scambiavamo anche due chiacchiere con il titolare, nonché creatore della maggior parte dei gioielli esposti.

Nené, nel frattempo, era alle prese con una partita al videogioco di turno. Ma a un certo punto la sua attenzione è stata attirata da un tipo entrato da poco, un amico del titolare, giunto al suo negozio per scambiare due chiacchiere. Era seduto su uno sgabello a sfogliare un dépliant.

Ed ecco che tra un “Questi sono di cristallo” e un “Prova questa collanina”, ho sentito la vocina di mio figlio, forte e chiara, mentre chiedeva al tizio:

“Ma tu sei gay?”

Io ed Elleni abbiamo chinato istintivamente il capo giù, fingendo di guardare la parte più bassa della vetrina. Al contempo, mia figlia ha sgranato gli occhi per volgermi uno sguardo carico di tutto l’imbarazzo del momento.

Intanto, il titolare del negozio è scoppiato a ridere con gran fragore. Il suo amico, basito, mi ha guardato farfugliando: “Ma… ma perché il bambino mi fa questa domanda?”

Scartata dunque l’ipotesi del far finta di nulla, sono intervenuta:

“No, guardi, l’avrà detto così, tanto per dire… Lui non sa nemmeno cosa significhi… Forse ha visto i capelli lunghi e i braccialetti e…”

E a queste mie parole, ho intravisto Elleni defilarsi tra le vetrine e alzare gli occhi al cielo, in un eloquente “Era meglio tacere”.

Ma ormai avevo parlato!

“Sa qual è il problema? Non è la domanda in sé, è il mio amico che racconterà a tutti di questa domanda…” ha spiegato il mio interlocutore, mentre il creatore di bijoux continuava a ridersela allegramente.

“Ma comunque non ci sarebbe nulla di male”, ho aggiunto io, cercando come si suol dire di “mettere la pezza a colore”.

“Ma io non sono gay!”  ha puntualizzato lui.

“Certo, non volevo dire questo…” ho subito specificato.

Sentendoci, il titolare si sbellicava sempre più dalle risate. Ma le risate, si sa, son contagiose, specie in un momento in cui bisognerebbe mantenersi seri.

Così, sono scoppiata a ridere a crepapelle anche io e, chi mi conosce lo sa, se inizio, non smetto facilmente.

Quindi, io e il titolare facevamo a gara a chi ridesse di più; il tipo incriminato ci guardava rassegnato; Nené aveva ripreso a giocare al videogioco ed Elleni si era fiondata all’uscita, speranzosa di andarsene quanto prima.

Mi sa che da oggi in poi, Nené sarà finalmente dispensato dai nostri lunghi pomeriggi di shopping!

M.C.