L’edificazione di opere pubbliche destinate all’intrattenimento assume grande importanza per i Romani, desiderosi di manifestare la propria indole combattiva anche attraverso la spettacolare messa in scena di combattimenti e gare sportive.

D’altro canto, la disposizione di queste strutture è segnata da una forte connotazione propagandistica: i giochi e gli  spettacoli gratuiti destinati al grande pubblico svelano l’intento di consolidare il potere politico, alla ricerca di maggiori consensi.

Nel periodo repubblicano i primi impianti vengono realizzati in legno e risultano privi di un carattere definitivo.

Con l’età imperiale, invece, si passa a più solide costruzioni in muratura, configurate in specifiche tipologie rimaste pressoché invariate nei secoli.

Anche in quest’ambito architettonico l’uso di archi, volte e opus caementicium consente una sofisticata abilità tecnica, cosicché circhi, teatri e anfiteatri rappresentano ulteriori esempi della sapiente res aedificatoria romana.

Il circo è uno spazio attrezzato per le corse di bighe o quadrighe, ossia di carri trainati rispettivamente da due o quattro destrieri. La denominazione circus deriva con ogni probabilità dal riferimento alla maga Circe, che avrebbe ideato questi giochi per  dedicarli al padre defunto.

L’usanza di far gareggiare carri risale a tempi antichi, come attestano alcune raffigurazioni su ceramica micenea e come ci ricorda Omero nei celebri versi dell’Iliade, quando narra dei funerali di Patroclo.

Se però con i Greci questi eventi sono occasionali e privi di strutture di riferimento, spetta ai Romani il merito di averne meglio definito l’organizzazione, con la codificazione di una grandiosa tipologia architettonica, degna dell’alta considerazione attribuita a questi spettacoli.

Il circo è concepito in modo monumentale e fastoso, a testimonianza del suo carattere celebrativo, che perdura anche quando all’originaria destinazione d’uso della corsa dei carri, con il tempo si aggiungono altre funzioni, quali assemblee popolari,  feste e celebrazioni varie, come il raduno del popolo per l’acclamazione dell’imperatore.

Nonostante i grandi spazi necessari per l’edificazione di un circo, nonché per il transito di spettatori, carri e allestimenti scenografici, la localizzazione avviene all’interno della città, in prossimità del palazzo imperiale, in modo da consentire all’imperatore di recarsi agli spettacoli senza dover uscire dal centro abitato.

Oltre all’esigenza di ampi spazi urbani, la presenza di un circo richiede anche considerevoli spese per il mantenimento delle scuderie. Da tali considerazioni si può ben comprendere perché le città dotate di questa struttura non siano numerose.

Uno dei primi circhi di carattere permanente costruiti a Roma è il Circo Massimo, il cui tracciato si può tutt’oggi distinguere nella valle tra i colli Palatino e Aventino.

Si tratta di un’opera dalle dimensioni grandiose: 600 metri di lunghezza per 120 di larghezza, con una capienza di 250.000 spettatori.

Ricostruzione grafica del Circo Massimo

Il primo impianto risale al II secolo a.C., ma è dal 46 a.C. che assume una più definita strutturazione, grazie a Caio Giulio Cesare. La corsia ha una forma ellittica allungata, ripresa anche dalla muratura perimetrale ornata da portici. Intorno all’arena, la zona centrale destinata ai giochi, il cui nome si deve per il suo riempimento di sabbia, si stagliano due ordini di gradinate per le sedute degli spettatori, dove su uno dei due lati lunghi trova posto la tribuna imperiale. Su uno dei due lati brevi, invece, sono collocati i carceres, ossia i comparti da cui far uscire i carri. Nella parte centrale del percorso figura la spina, un lungo e alto basamento destinato a ospitare elementi decorativi o funzionali allo svolgimento delle gare. Augusto vi colloca, per esempio, l’obelisco egizio in seguito spostato in piazza del Popolo.  Dopo i danni subiti con l’incendio del 64 d.C., quando il Circo Massimo viene ricostruito e ampliato, si procede anche all’inserimento di un secondo obelisco, corrispondente all’odierno di piazza del Laterano.

Se il circo rappresenta un monumento più tipicamente romano, il teatro mostra invece una chiara derivazione dall’analogo modello architettonico ellenico. Tuttavia, il teatro romano si differenzia da quello greco per diversi aspetti. Entrambi presentano una struttura di forma semicircolare o semiellittica concepita per ospitare spettacoli e rappresentazioni sceniche,  ma mentre in Grecia i teatri ricavano la cavea dal fianco di declivi naturali, l’ingegnosità costruttiva romana sfrutta raramente le pendenze del territorio, preferendo la costruzione di solide strutture murarie, caratterizzate all’esterno da semicolonne trabeate, disposte in genere in tre fasce, secondo una sovrapposizione degli ordini dorico, ionico e corinzio.

Inoltre, per i Romani l’ambiente naturale non è più concepito come parte integrante dello spettacolo e questa scelta determina anche una differente organizzazione degli spazi, a favore di una resa più articolata e dinamica delle rappresentazioni.  Ad esempio, l’orchestra da elemento circolare si riduce a un semicerchio, mentre la scena acquista maggiore rilevanza, divenendo più complessa.

Il Teatro di Marcello iniziato da Cesare e completato da Augusto, che lo intitolò al nipote e genero Marco Claudio Marcello, scomparso prematuramente, è il secondo teatro romano costruito in muratura.

Teatro di Marcello (seconda metà del I sec .a.C.)

La  sua conformazione strutturale, con le murature esterne scandite da archi affiancati da pilastri su cui si addossano semicolonne trabeate,  resta un fortunato modello di riferimento per la realizzazione dei successivi teatri romani.

Anche la tipologia dell’anfiteatro risulta fortemente influenzata da queste scelte decorative.

Gli anfiteatri sono strutture interamente circolari o ellittiche, corrispondenti dunque al raddoppiamento del teatro (dal greco amphi, da ambo le parti). Mentre il teatro alterna la forma piana della scena a quella curvilinea della cavea, l’anfiteatro è caratterizzato dalla continuità di una facciata curvilinea, fondata anch’essa sul principio dell’arco e degli ordini architettonici trabeati.

L’utilizzo di questo edificio è riservato ai combattimenti tra uomini e animali feroci (venationes) oppure agli scontri tra gladiatori (munera). Si tratta di giochi molto apprezzati nel mondo romano, sorti in origine come offerta agli dèi e destinati a una vasta diffusione in tutto il territorio imperiale.

Anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere -Caserta

Tra i più rinomati esempi, oltre al noto Colosseo(*), menziono l’Arena di Verona, monumento simbolo della città veneta; l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, nell’area flegrea di Napoli; l’Anfiteatro di Pompei, il primo a essere costruito in forma permanente nel 70 a.C.; l’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere, superato nelle dimensioni soltanto dal Colosseo.

Mariaelena Castellano

DENTRO L'OPERA

 ANFITEATRO FLAVIO (COLOSSEO)   72-90 d.C. (Roma)

L’Anfiteatro Flavio prende nome della gens flavia dell’imperatore Vespasiano, che ne decreta la costruzione.

Nel Medioevo, per la vicinanza alla statua bronzea conosciuta come Colosso di Nerone, inizia a essere chiamato Colosseo, con un probabile riferimento anche alle sue monumentali dimensioni. Il Colosseo sorge nell’area in cui era stata realizzata la Domus Aurea di Nerone, poiché con l’edificazione di questo imponente anfiteatro, Vespasiano intende restituire al popolo l’area pubblica usurpata dalla sontuosa residenza privata del suo predecessore.

Poiché l’opera si innalza nell’area scavata per la realizzazione del lago artificiale neroniano, si progettano solide fondamenta in opera cementizia. I lavori terminano nell’anno 80 con Tito, successore di Vespasiano. Dieci anni dopo, sotto Domiziano, terzo imperatore della dinastia flavia, si effettuano ulteriori  opere di completamento relative ai sotterranei dell’arena e all’ultima gradinata. Nel corso dei secoli diversi incendi e terremoti  danneggiano la struttura e, una volta andate in disuso le attività ludiche romane, essa diventa un deposito di pietre, nonché una cava per il rifornimento di materiali edili, in particolare di tufo, laterizi, travertino e calcestruzzo.

L’arena ha forma ellittica, così come la monumentale gradinata che la circonda, le cui assi misurano 186 e 156 metri, con una capienza di ben 50.000 posti.  Gli spettatori hanno accesso gratuito agli spettacoli, ma i posti a sedere dipendono dalle estrazioni sociali ed etniche, distinte in cinque settori orizzontali, d’importanza decrescente con l’aumentare dell’altezza. All’interno delle gradinate s’inseriscono le scale d’ingresso e i diversi ambienti di servizio, mentre altri spazi funzionali allo svolgimento dei giochi  si ricavano sotto l’arena risultando usufruibili grazie a piani inclinati e montacarichi.

All’esterno, tutt’oggi, nelle  parti ancora integre della facciata curvilinea, si può ammirare la scansione in tre file di arcate incorniciate da semicolonne addossate. In origine, ognuna delle 80 arcate contenute in una fila ospitava altrettante statue decorative.

Gli ordini architettonici utilizzati sono il tuscanico per il piano inferiore, lo ionico per quello mediano e il corinzio per la fila superiore. Vi è poi un quarto piano, dato da un attico in muratura continua, alleggerito da 40 finestre rettangolari circondate da lesene corinzie. A coronare il tutto, un giro di solide mensole  finalizzate a reggere i pali necessari a sostenere il velarium, un enorme telo impiegato per riparare il pubblico dal sole e dalle intemperie, fissato a terra tramite dei cippi in travertino.

Le arcate del piano inferiore costituiscono gli ingressi alla cavea, fornita anche di entrate laterali (vomitoria), situate a distanze regolari lungo le gradinate. La presenza di più accessi consente un rapido e disciplinato deflusso di spettatori, nonostante l’elevato numero di posti a sedere. L’imponenza strutturale del Colosseo e la sua raffinatezza decorativa lo rendono un significativo esempio della sapienza progettuale e della perizia esecutiva dei Romani, nonché il simbolo odierno della Città Eterna. Le sue antiche vestigia narrano di un tempo in cui il pubblico romano saziava la  fame di gesta gloriose e spettacolari: eroici gladiatori  si sfidavano in duelli mortali,  robusti lottatori si avventavano in cruenti scontri con leoni e bestie feroci, e ancora, esperti combattenti si scontravano in avvincenti battaglie navali, disputate nella vasta arena riempita d’acqua.