Le testimonianze pittoriche dell’Etruria sono di natura essenzialmente funeraria: tombe, sarcofagi e vasi funebri presentano una ricca decorazione policroma, che rivela la volontà di creare un ambiente confortevole per allietare la vita del defunto nell’al di là.
I primi cicli risalgono all’incirca alla metà del VII secolo a.C. e si avvalgono del contributo di maestranze provenienti dalla Ionia, come rivelano le scelte iconografiche spesso ispirate ai repertori greci.
Le composizioni, inizialmente piuttosto semplici, vanno man mano definendosi in rappresentazioni più elaborate. Anche le tematiche si orientano gradualmente a repertori rispondenti alle esigenze del culto etrusco, passando dalle raffigurazioni mitologiche di derivazione ellenica alle immagini del defunto e del suo ruolo sociale, oppure a momenti conviviali di banchetti, danze e giochi, destinati a ricordargli la sua vita terrena.
I colori sono di origine minerale, mentre i pennelli si ricavano dai peli di animali. Si dipinge impiegando la tecnica dell’affresco(*), che se richiede una stesura piuttosto veloce del colore, ha il vantaggio di consentire una conservazione duratura dell’opera; ragion per cui, a differenza della pittura greca, di cui non si conservano resti di dipinti su muro o da cavalletto, quella etrusca, invece, vanta preziose testimonianze, con un gran numero di cicli decorativi, risalenti soprattutto al VI e al V secolo a.C. e provenienti in gran parte dalla città di Tarquinia.
Si tratta di opere fondamentali, di alto valore documentaristico nell’ambito dell’arte figurativa occidentale di epoca preromana.
In Etruria, anche la pittura, così come la scultura e l’architettura, risente degli influssi ellenici, sia attraverso i rapporti con le colonie della Magna Grecia, sia mediante gli scambi culturali con la madrepatria.
Tuttavia, a tale orientamento subentra una più originale verve artistica, frutto della cultura locale, subordinata all’esigenza di fornire attraverso le immagini una più immediata comunicazione. Ciò si spiega con la funzione funeraria a cui sono destinati gli affreschi: essi devono illuminare gli oscuri ambienti sepolcrali con le loro cromie chiare e vivaci, per essere poi guardati e compresi dai defunti.
Un rinomato esempio è fornito dagli affreschi della Tomba delle Leonesse, a Tarquinia.
La struttura funebre, scoperta nel 1874, risale al 520 a.C. ed è costituita da un’unica camera ipogea con soffitto a doppio spiovente, a cui si accede scendendo un dromos a gradini.
Sul frontone della parete di fondo sono raffigurate due leonesse, poste una di fronte all’altra, che danno il nome alla tomba. Nella parte inferiore sono dipinte, dalla sinistra, una danzatrice, un cratere circondato da due musici e, infine, due danzatori.
La singolare verve espressiva di questi due ballerini dona al dipinto un’atmosfera particolarmente festosa. Se le loro proporzioni anatomiche non risultano verosimili e manca un’accurata resa dei dettagli, in compenso l’immagine è dotata di un forte senso del movimento, pervaso da un’energica vitalità.
Anche in opere più tarde e dunque più allineate alla cultura tardo-classica ed ellenistica, questo spiccato gusto comunicativo permane, ponendosi come segno identificativo dell’arte etrusca.
Un chiaro esempio è costituito dagli affreschi oggi conservati a Roma, a Villa Albani, e provenienti dalla nota Tomba Francois, struttura funeraria arcaica appartenuta a una famiglia aristocratica di Vulci (Viterbo).
Le pitture, realizzate nel IV sec. a.C. per un nuovo progetto di decorazione, non rinunciano a questo estro di genuina vitalità, nonostante le fattezze più accurate e i dosaggi chiaroscurali attestino l’attenzione agli stilemi del classicismo greco. Anche i soggetti mitologici sono di derivazione ellenica rivelando l’esigenza degli Etruschi di proclamare una sorta di identificazione con l’illustre progenie di questo popolo.
Del resto, come già evidenziato, l’intera arte etrusca è pervasa da un costante richiamo alla cultura greca, filtrata, però, da quegli originali caratteri di vivacità comunicativa e di verve espressiva, che contraddistinguono gli Etruschi e che confluiranno nella cultura artistica dei Romani.
Mariaelena Castellano
PER SAPERNE DI PIÙ…
(*) LA TECNICA AD AFFRESCO
I pittori etruschi utilizzano la tecnica ad affresco, sconosciuta agli Egizi, ma già nota presso la civiltà greca.
Essa consiste nel dipingere su di una parete “a fresco”, ossia quando l’intonaco da cui è rivestita risulta ancora fresco. I colori si amalgamano, dunque, con l’intonaco e, avvenuta l’asciugatura, diventano parte integrante della struttura muraria.
Tale procedimento spiega la miglior conservazione dei dipinti ad affresco rispetto a quelli realizzati a tempera (tecnica in cui i pigmenti colorati sono fissati alla superficie attraverso soluzioni acquose a base di bianco d’uovo o di altre sostanze collanti naturali).