Nella seconda metà dell’Ottocento il crescente fenomeno dell’industrializzazione conduce a una produzione seriale di oggetti, che risultano man mano spogliati di valenze estetiche e qualitative.
Gli artigiani, messi in difficoltà dalla concorrenza industriale, subiscono questi eventi e spesso preferiscono mettersi da parte, decretando di fatto l’imporsi della quantità a discapito della qualità.
Sul finire del secolo si avverte quindi il bisogno di un cambiamento per contrastare lo svilimento di una società ormai meccanizzata, dove l’ingegno umano è oscurato dalle dinamiche delle produzioni seriali.
William Morris, pittore, grafico e decoratore, è tra i primi ad avvertire questa esigenza. Egli ambisce a migliorare le condizioni lavorative degli operai per allontanarli dalle catene di montaggio e proiettarli verso il piacere creativo e la ricerca del bello.
Energico ed eccentrico, sposa le idee socialiste ma le intende in modo alquanto utopico: ad esempio, la produzione di arredi e decori lussuosi e raffinati a cui è preposta la sua ditta, la “Morris, Marshall, Faulckner & Co.”, fondata nel 1861, non è certo riferibile alla massa, ma solo a pochi privilegiati.
Così, diversi anni dopo, nel 1888, egli fonda la “Arts and Crafts Exhibition Society”, un’associazione di arti e mestieri, che mira a conciliare la produzione industriale con l’artisticità, per dotare anche gli oggetti seriali e di basso costo di una valenza estetica.
Le scelte stilistiche portate avanti da Morris e dai suoi soci hanno una spiccata vocazione al decorativismo, prediligendo linee sinuose, ripetitività di motivi attinti perlopiù da repertori naturalistici stilizzati. Tali scelte si pongono alla base del successivo orientamento artistico dell’Art Nouveau, che segnerà profondamente la cultura europea tra fine Ottocento e inizio Novecento.
L’esigenza di Morris di conferire dignità al prodotto industriale, infatti, trova ampia eco negli scenari artistici europei, desiderosi di svincolarsi anche dall’accademismo e dagli storicismi eclettici, per proporre un’arte nuova, moderna, in linea con il progresso ma senza rinunciare ai valori dell’artigianato e della qualità.
Nasce così l’Art Nouveau, l’arte nuova, per riprendere la denominazione francese di questa tendenza artistica divulgatasi in tutta Europa assumendo nomi diversi a seconda dei paesi (Liberty in Italia, Modern Style in Inghilterra, Jugendstil in Germania, Modernismo in Spagna, Secessione in Austria).
L’ Art Nouveau incarna lo spirito dell’epoca e si manifesta innanzitutto nei più svariati ambiti delle arti applicate, le cosiddette “arti minori”, per secoli sopraffatte da una consolidata gerarchia che vedeva ai vertici architettura, scultura e pittura.
Tessuti, gioielli, ceramiche, vetri, oggetti d’arredo, arazzi, mobili, opere grafiche: è in questi molteplici settori che il nuovo gusto imperversa per poi diffondersi negli ambiti pittorici e nelle architetture. In questi ultime le strutture degli edifici assumono esse stesse una veste decorativa fatta di linee sinuose ispirate al mondo animale e vegetale.
In pittura, oltre alle raffinate innovazioni stilistiche, emerge l’interiorità dell’artista, nonché la sua più intima sensibilità.
L’Art Nouveau con la sua internazionalità conclude l’Ottocento e ci traghetta verso il nuovo secolo, verso un continuo incalzare di innovazioni artistiche, verso un fitto susseguirsi di movimenti e tendenze che nella loro originale singolarità probabilmente non manifesteranno più questa omogeneità territoriale.
Tra i principali artisti dell’Art Nouveau emergono in particolare Gustave Klimt, esponente di spicco della Secessione Viennese, Victor Horta, voce autorevole del panorama architettonico belga e, a Barcellona, Antoni Gaudì, con la sua sorprendente verve creativa.
Mariaelena Castellano