Con il termine “Rinascimento” si indica la grande stagione culturale fiorita in Italia nei secoli XV e XVI, in un clima di generale ripresa socio-economica.

Questo fecondo rinnovo artistico e letterario pone le sue fondamenta nella rivalutazione del classicismo. In realtà, l’ispirazione alla cultura classica non era mai venuta meno, ma a partire dal Quattrocento si recuperano gli aspetti originari dell’antichità, con un approccio più consapevole e diretto, dunque  non mediato dalle interpretazioni teologiche tramandate nei secoli medievali.

Lo studio letterario dei testi latini e greci si affianca a un atteggiamento più storicistico nei confronti di tutti i saperi, mentre per quanto concerne l’arte si procede a un innovativo recupero del linguaggio naturalistico greco-romano.

Delle significative premesse a tali sviluppi si riscontrano già nella cultura del Trecento, in particolare nell’opera di due spiccate personalità: Francesco Petrarca, per l’ambito letterario e filosofico, e Giotto, per quello artistico.

Dal XV secolo, questi apporti vengono arricchiti da uno spirito più pragmatico e razionale, che nelle arti figurative si traduce in una più concreta definizione dello spazio. La realtà è sempre indagata secondo la visione mimetica di Giotto, permeata adesso anche dal rigore geometrico di un’impostazione scientifica.

Grazie a queste importanti conquiste, l’artista del Rinascimento gode di una considerazione maggiore e può vantare l’elevazione a un più alto ruolo sociale: l’arte è finalmente intesa come manifestazione spirituale dell’uomo, senza essere più subordinata alla teologia o alle altre discipline di natura teorica, come era accaduto nei secoli precedenti.

Una posizione così privilegiata non era stata raggiunta nemmeno nell’antica civiltà greca, dove l’attività artistica era comunque mantenuta a un livello inferiore rispetto alla poesia, alla musica o alla filosofia.

Nel Quattrocento, invece, la nascita di un’interpretazione delle forme e dei contenuti delle opere, così come di una dottrina estetica, rivaluta l’individualità dell’artista, consacrandolo tra i grandi protagonisti della cultura del tempo.

Oltre alla rinascita dell’arte e degli studi classici, quest’epoca così feconda si caratterizza anche per la rivalutazione dell’uomo, posto finalmente al centro della riflessione filosofica, quale artefice principale del proprio percorso storico.

Con la ripresa dei commerci e della vita urbana, l’uomo assume un ruolo più attivo nella società e di conseguenza viene meno l’idea medievale del peccatore obbediente a Dio e alla Chiesa. Riemerge, dunque, l’idea di uomo coltivata nell’antichità greco-romana: l’uomo è un eroe capace di apprezzare le bellezze del creato e di costruire il proprio destino utilizzando l’intelletto e le virtù di cui è fornito.

In base a tali considerazioni, in riferimento al Quattrocento nel XIX secolo è stato coniato anche il termine di Umanesimo, che si affianca a quello di humanista, già in uso allora, per indicare chi coltiva le humanae litterae, cioè le discipline classiche concorrenti alla formazione e all’elevazione spirituale dell’uomo: letteratura, poesia, retorica, grammatica, storia, filosofia.

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Al rinnovamento del sapere corrisponde un cambiamento che investe l’intero ambito sociale del tempo e segna l’avvento di una nuova era: la ripresa dei commerci dopo la crisi del Trecento consente un maggior benessere economico, che offre alla civiltà europea la possibilità di intraprendere grandi viaggi e scoperte geografiche.

Con l’età moderna, venuto ormai meno il potere feudale, in Europa sorgono le prime importanti monarchie, mentre l’Italia resta frammentata in una molteplicità di realtà territoriali, occupando un ruolo marginale nello scenario delle egemonie europee.

Nell’area centro-settentrionale del nostro paese si assiste al passaggio dai comuni alle signorie, con la conseguente nascita di centri di potere dalle dimensioni più regionali, spesso riconosciuti dal Papa o dall’Imperatore. Al centro-Sud, invece, prevalgono lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli.

In questo variegato quadro politico caratterizzato da lotte e rivalità, manca un potere saldo in grado di imporsi sugli altri per creare i presupposti di un’unità statale.

Tuttavia, proprio questa complessità socio-politica contribuisce a generare il primato culturale dell’Italia rinascimentale: i numerosi centri di potere, in perenne contrasto tra loro per la conquista del potere, lottano  anche per accaparrarsi lustri e decori letterari e artistici, facendo a gara per ospitare i migliori intellettuali, pittori, scultori e architetti del tempo.

Il luogo di elaborazione e divulgazione dei nuovi saperi rinascimentali è dunque la corte signorile, impegnata anche in una politica di mecenatismo tesa a incrementare il prestigio degli influenti casati posti alla guida del territorio.

Il primo Rinascimento fiorentino

Le prime istanze artistiche del Rinascimento prendono avvio nel vivace clima culturale maturato nella Firenze dei primi decenni del Quattrocento.

La vitalità della città toscana, equiparata all’Atene di Pericle, si spiega tenendo presente la sua favorevole situazione politica e sociale.

Prima dell’ascesa al potere signorile dei Medici, una delle famiglie più ricche e potenti, Firenze è governata da libere istituzioni repubblicane e gode già di una notevole floridezza economica, grazie alle sue intense attività commerciali e bancarie.

La consistente disponibilità monetaria viene spesso investita per la monumentalizzazione e l’abbellimento della città, che si presenta come una sorta di grande cantiere in febbrile attività.

Non solo gli aristocratici, ma anche i mercanti e i banchieri, forti di un acuto spirito d’iniziativa, comprendono l’importanza dell’accrescimento del proprio ruolo sociale e si rivolgono agli artisti per la realizzazione di opere destinate a donar loro lustro e riconoscimento.

Lo stesso Cosimo de’ Medici, poi detto “il Vecchio”, salito al potere nel 1434 come primo Signore di Firenze, mostra un forte interesse per le cultura e si pone come protettore di intellettuali e artisti.

La città medicea diventa così il centro artistico più sviluppato d’Europa, dotato di una  rivoluzionaria carica innovativa alimentata dalla presenza di grandiose personalità.

La nuova rappresentazione dello spazio e la prospettiva

Gli artisti attivi a Firenze nella prima metà del Quattrocento raccolgono l’eredità giottesca e l’interesse umanistico per l’antichità puntando alla resa naturalistica di spazi credibili. Se l’ideale classico suggerisce loro di impreziosire la visione del reale secondo un ideale armonico di perfezione, essi non si limitano a indagare la natura in modo empirico, ma vanno oltre servendosi anche di una rigorosa indagine scientifica.

Le esigenze razionali che permeano la cultura umanistica quattrocentesca si riflettono nella necessità di raffigurare uno spazio tridimensionale in cui rapportare in modo preciso le figure, avvalendosi anche di saldi costrutti plastici e innovativi valori dinamici.

Agli spazi aurei e fiabeschi del Medioevo, l’artista fiorentino oppone spazi certi e concreti, pensati a misura d’uomo.

Questa ricerca di precisione trova nella prospettiva il principale strumento per un’accurata rappresentazione del vero, fondata su basi scientifiche.

La prospettiva è una tecnica atta a trasporre su un piano bidimensionale una realtà tridimensionale. Si tratta di un artificio praticato sin dai tempi dell’antichità classica, ma in modo perlopiù intuitivo. Soltanto a partire dal primo Rinascimento fiorentino si cerca il fondamento di universali leggi matematiche e ottiche, che conferiscono agli spazi una definizione razionale. Ciò comporta anche una serie di problematiche, quali le deformazioni attuate dall’occhio umano o la necessità di un punto di vista obbligato (ossia lo stesso utilizzato dall’artista). Ne deriva la messa a punto di continui studi e accorgimenti, a dimostrazione dell’esigenza di costrutti compiuti e razionali, definiti da una sperimentazione pratica ed efficiente.

L’ideazione di questi nuovi principi rappresentativi spetta all’architetto fiorentino Filippo Brunelleschi che, insieme allo scultore Donatello e al pittore Masaccio, pone le basi della cultura artistica rinascimentale, dapprima circoscritta a Firenze e alla Toscana, per poi abbracciare l’intero territorio italiano, diffondendosi anche in molti paesi europei.

M. C.